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Giorno della Memoria: il viaggio dei 5 mila studenti degli istituti di Città di Castello

Alle origini del male dell’antisemitismo raccontate dal libro “Foto di classe senza ebrei”.

Un viaggio alle origini del male dell’antisemitismo per capire e non ripetere gli errori che con la Shoah hanno segnato la vita di milioni di persone in Italia e in Europa. E’ quello che l’amministrazione comunale ha proposto stamattina, nel Giorno della Memoria, ai 5 mila studenti degli istituti pubblici e paritari di Città di Castello collegati in diretta streaming con la residenza municipale, attraverso l’intervista agli autori del libro “Foto di classe senza ebrei” con cui è stato gettato uno sguardo sulla vergogna delle leggi razziali, che proprio dal mondo della scuola iniziarono a spargere i semi dell’odio per gli ebrei poi sfociato nelle atrocità dell’Olocausto. “Abbiamo scelto di tornare a celebrare il 27 gennaio unendo idealmente tutti gli studenti della città, dalle primarie fino alle secondarie, nella ricerca e nella comprensione dell’origine di quel male che venne alla luce il 27 gennaio 1945 con la scoperta del campo di concentramento di Auschwitz”, affermano il sindaco Luca Secondi, l’assessore ai Servizi Educativi Letizia Guerri e l’assessore alla Cultura Michela Botteghi, che hanno preso parte all’iniziativa e ascoltato insieme agli alunni, con i loro insegnanti, la conversazione del direttore della Fondazione Hallgarten-Franchetti Fabrizio Boldrini con gli studiosi Patrizia Baldi, Enrico Palumbo e Gianguido Piazza. “Le atrocità dell’Olocausto hanno avuto una radice profonda – sottolineano gli amministratori - nata e cresciuta nel nostro Paese con l’emanazione delle leggi razziali, che arrivarono a colpire anche la scuola con il decreto legge attraverso il quale il 5 settembre 1938 venne cancellata la presenza degli ebrei dall’insegnamento e dalla frequenza scolastica negli istituti pubblici di ogni ordine e grado, dando avvio a un’erosione dei diritti di questo popolo che poi si sarebbe allargata a tutti i settori della società”. “Proprio a partire da questa circostanza, abbiamo voluto portare i ragazzi a riflettere sulla necessità di essere attenti ai fenomeni sociali che li circondano, di essere vigili e critici su ciò che accade, perché siano le prime sentinelle ad accorgersi dei meccanismi che possano mettere a rischio le libertà e i diritti sui quali è fondata la convivenza civile tra le persone”, spiegano Secondi, Guerri e Botteghi. Durante l’incontro, gli amministratori hanno citato il monito di una coetanea degli studenti in collegamento streaming a “proteggere e tutelare sempre non soltanto i propri diritti, ma anche quelli degli altri” e il significativo incipit dell’articolo 34 della Costituzione, che recita: “la scuola è aperta a tutti”. A rafforzare il messaggio chiaro della mattinata sono stati gli interventi dei protagonisti della video-intervista curata dalla Fondazione Hallgarten-Franchetti, la pedagogista Patrizia Baldi, che lavora alla Fondazione CDEC dal 2008 come responsabile del dipartimento di didattica e ha intersecato l’offerta sullo studio della Shoah in Italia con l’educazione al patrimonio culturale e ai diritti umani; Enrico Palumbo, assegnista di ricerca in Storia contemporanea presso l’Università degli Studi Roma Tre, docente presso la SSML Carlo Bo di Milano e membro della segreteria di “Ricerche di Storia Politica; Gianguido Piazza, epistemologo, che ha insegnato storia e filosofia nei licei e ha operato nell’ambito della formazione dei docenti di secondaria superiore presso l’Università degli Studi di Milano. Gli studiosi hanno ripercorso i fatti testimoniati nel libro “Foto di classe senza ebrei”, realizzato grazie al contributo della Fondazione CDEC e dell’Anpi di Milano, che per la prima volta ha portato alla luce gli effetti delle leggi antiebraiche razziste del 1938 nelle scuole milanesi. Dall’intervista sono emerse le tappe che portarono a costruire, sui banchi di scuola, una generazione educata al razzismo e alla guerra e il dramma dei giovani condannati da un giorno all’altro a vergognarsi senza capire perché. L’espulsione di docenti e studenti dalle scuole elementari e secondarie creò infatti una cesura nelle vite soprattutto dei bambini e dei ragazzi dell’epoca, improvvisamente esposti all’accanimento del regime fascista nel perseguitare la minoranza ebraica.

Città di Castello/Umbertide
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Redazione
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